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15   luglio

Destra populista latinoamericana ed europea, similitudini e differenze secondo il prof. Rovira Kaltwasser

Il professor Rovira Kaltwasser, scienziato politico della Pontificia Universidad Catòlica de Chile, è stato ospite dell’Istituto tra giugno e luglio e qui ha tenuto la sua Ciampi lecture dal titolo The far-right in Latin America in comparative perspective. Abbiamo chiesto al professore di parlare dei risultati e prospettive delle sue ricerche in materia. Partiamo con un breve inquadramento su cosa siano i campi nei quali si muove la destra latinoamericana.

L’articolo su Il Manifesto

“Si è discusso molto e si è fatta molta ricerca sull’ascesa dell’estrema destra in Europa e negli Stati Uniti, meno su cosa sia successo in America Latina, dove pensavamo di avere un panorama politico diverso. Poi è arrivata la vittoria inaspettata di Donald Trump e ci si è chiesti se non potesse succedere e il primo shock è stata la presidenza di Jair Bolsonaro in Brasile. Ma la situazione brasiliana era condizionata dalla crisi economica e dagli scandali di corruzione che hanno coinvolto alcuni membri del governo del PT e queste circostanze hanno fatto pensare ad alcuni osservatori che fosse il contesto a portare alla vittoria di un candidato di estrema destra. Ma quello brasiliano non era un caso isolato: la sconfitta di Bolsonaro nel 2022 è avvenuta per un soffio (l’1% dei voti), nel 2019 era venuta la presidenza di Nayib Bukele in El Salvador e dopo quella di Javier Milei in Argentina. In Cile, nel 2021, il candidato della destra radicale José Antonio Kast, fuoriuscito dal partito della destra tradizionale, è arrivato al ballottaggio e ha preso il 44%. Con le nostre ricerche indaghiamo l’estrema destra nel contesto latinoamericano cercando individuare le differenze e le somiglianze con il contesto europeo. Dobbiamo partire da una definizione, distinguendo tra la destra convenzionale (tradizionale, mainstream) ed estrema destra. La destra tradizionale promuove le sue idee in modo relativamente moderato e accetta l’esito delle elezioni. L’estrema destra, al contrario, difende le sue idee in modo radicale e ha una relazione ben più complicata con il sistema democratico. Se ci atteniamo a questa ampia cornice, sia le forze europee che quelle americane (Le Pen, Bolsonaro o Trump) sono estrema destra”.

 

Cosa caratterizza questa destra in termini di contenuti?

Un punto per distinguere la destra dalla sinistra è la visione dell’intervento dello stato in economia. Ma poiché la società latinoamericana è così diseguale, il tema tocca ampi segmenti della società ed è dunque improbabile che a determinare la vittoria in un’elezione sia un progetto esplicitamente neoliberista. Così, dopo la transizione alla democrazia i partiti di destra tradizionali nn hanno insistito troppo sulla dimensione socioeconomica perché hanno capito che non era quello il modo per vincere le elezioni. Una strategia che vale anche per l’estrema destra odierna, che tende a essere neoliberista ma allo stesso tempo cerca e genera consenso insistendo su questioni di carattere morale e culturale. A divenire oggetto di polemica politica sono questioni come l’aborto, i diritti LGBTQ in combinazione con la dimensione socioeconomica. Questo mix di diverse posizioni ideologiche, cui va aggiunta la caratterizzazione di qualsiasi forza di sinistra moderata o meno come “comunista/castrista/chavista”,  rende attraenti queste forze per diversi segmenti dell’elettorato. Altro fattore importante per spiegare il successo delle forze della destra populista radicale riguarda i sistemi elettorali: le nostre sono elezioni presidenziali con ballottaggio, si vota per il proprio candidato al primo turno, ma al secondo spesso si sceglie il male minore. In Argentina Milei ha guadagnato più di 6 milioni di voti tra il primo e il secondo turno. Quei nuovi elettori di Milei non sono persone necessariamente convinte dalle sue idee, ma perché era l’alternativa al governo in un paese in cui l’inflazione è al 100%. Hanno votato per lui perché non gli piaceva l’alternativa, non necessariamente perché fossero convinti da idee neoliberiste o autoritarie. Questa è una differenza rispetto al panorama politico europeo, dove nella maggioranza dei paesi vige un sistema parlamentare in cui si vota per il partito e spesso si formano coalizioni di governo.

 

Quanto pesa il fatto che queste forze si siano potute presentare come alternative sia alla destra tradizionale che alla sinistra che ha governato molti paesi latinoamericani negli anni Duemila?

La parabola di governo della sinistra latinoamericana è parte della spiegazione. L’America Latina durante gli anni 2000 ha sperimentato quasi ovunque governi che andavano dalla sinistra moderata a quella populista. La sua ritirata è figlia in qualche modo di un fallimento della promessa di trasformazione. Una delle ragioni dei problemi che ha avuto la sinistra è legata all’andamento del prezzo delle materie prime che è salito e poi sceso, sottraendo ai governi risorse da spendere nei programmi sociali che avevano promesso. Così, una parte degli elettori in Argentina, Brasile e altri paesi si è rivolta a destra e al “nuovo” per votare contro i partiti al potere. Anche Bolsonaro, che non era certo nuovo alla politica, si è presentato come un outsider.

 

Cosa caratterizza i contenuti della destra populista latinoamericana e in cosa si distinguono da quella europea?

Ad eccezione del Cile e a differenza che in Europa o negli Stati Uniti, l’immigrazione (o l’islamofobia) non gioca un ruolo importante nella retorica dell’estrema destra latinoamericana. Ecco perché penso che non dobbiamo guardare solo ai contenuti in senso stretto ma al messaggio che questi veicolano. Penso che a livello astratto, ciò contro cui si scaglia e cerca consensi l’estrema destra latinoamericana sia il processo di integrazione che i regimi democratici sono stati in grado di sviluppare negli ultimi decenni. Pur con mille difficoltà e contraddizioni in Europa abbiamo assistito a un adattamento al multiculturalismo: essere immigrato negli anni ’70 o nel 2020 in Germania (dove ho vissuto) è un’esperienza diversa. In America Latina abbiamo assistito a progressi nell’integrazione delle comunità storicamente marginalizzate, ovvero le donne, in una certa misura la comunità gay e in alcuni paesi le minoranze. Proprio a causa di questi progressi abbiamo una reazione che dice “basta, torniamo a dove eravamo prima” concentrandosi su aspetti diversi. Il “prima” negli Stati Uniti forse significherebbe un’epoca in cui i neri non potevano votare, in Europa un luogo senza immigrazione e in America Latina una società in cui le donne restano a casa. Il paradosso è che il successo stesso della democrazia è la ragione per cui stiamo assistendo a una reazione.

Un altro aspetto per cui possiamo accomunare le destre europea e latinoamericana è il populismo. La maggior parte dei partiti di destra vincenti non è estrema destra autoritaria (come è Alba Dorata in Grecia) ma radicale populista, afferma di parlare in nome del popolo e che questo debba essere protetto da forze che ne minacciano l’integrità e sicurezza. In Europa questo discorso vira verso la xenofobia: si vedano gli slogan “prima gli italiani” o le polemiche sulla doppia cittadinanza in Francia. In America Latina la distinzione è tra brave e cattive persone. Ed è qui che entra in gioco la “Mano dura” contro il crimine. Nella retorica dell’estrema destra latinoamericana i nemici sono le élite troppo progressiste (quindi i diritti civili) e i poveri che non si comportano come dovrebbero e che vanno dunque puniti. El Salvador è l’estrema conseguenza di questo atteggiamento, con incarcerazioni di massa e casuali e il totale dispregio per lo stato di diritto si risolve almeno temporaneamente il problema delle gang ma ci si sbarazza della democrazia liberale. Una cosa da sottolineare in materia di differenze è anche l’atteggiamento: non tutti i leader della destra populista hanno uno stile estremo ed esagerato come Milei o Bolsonaro (o Trump), molto dipende dal clima sociale e politico: il leader della destra populista cilena, scissione della destra tradizionale, Kast, ha dei modi molto diversi, ma politicamente è molto simile.

 

Chi sono gli elettori della destra populista? Si somigliano tra paese e paese?

Finora non abbiamo buoni dati empirici se non per Argentina e Brasile. Ci sono somiglianze e grandi differenze: in Brasile l’elettore di Bolsonaro è più anziano, mentre in Argentina l’elettore di Milei giovane. In Brasile più sei ricco e istruito, più probabilità hai di votare Bolsonaro. Questa è una differenza con l’Europa e anche con l’Argentina. Una variabile cruciale è la religione: gli evangelici votano in grande maggioranza per la destra radicale (la differenza è il peso di questo voto, cruciale in Brasile). Le somiglianze tra gli elettorati riguardano una propensione per idee autoritarie, il conservatorismo in materia sociale, il favore per il libero mercato e l’antifemminismo. La destra dunque mobilita segmenti della popolazione che non necessariamente simili in termini sociodemografici, il collante sono le idee. La differenza con gli anni ’70 è che questa destra compete nel mercato elettorale, vuole vincere le elezioni, anche se spesso non accetta di perdere. Non sto affermando che la versione contemporanea non porti pericoli per la democrazia, ma che il rapporto con il sistema democratico è diverso. Sono disposti a partecipare e potrebbero erodere la democrazia dall’interno, mentre i militari negli anni ’70 se ne infischiavano dei voti, il potere lo prendevano con la violenza.

 

Quali relazioni con le forze simili nel resto del mondo?

Se sei un politico di estrema destra in America Latina hai diversi modelli da cui prendere spunto e molti numeri di telefono in agenda. Un ruolo centrale nel sistema di relazioni lo gioca Vox per ragioni geografiche e culturali. Il leader della destra spagnola Santiago Abazcal ha costruito relazioni personali con i suoi omologhi latinoamericani e lavora alla costruzione di una rete informale. L’altra componente cruciale sono gli USA. Prima di Trump avevamo un partito di destra mainstream leggermente più radicale rispetto agli equivalenti europei. Quel partito non esiste più e quello di Trump sta costruendo una rete attraverso figure come i senatori Marco Rubio e Ted Cruz. Questa è una novità, perché in anni recenti le reti internazionali erano quelle dei diritti civili o dei temi ambientali. La destra ha imparato e imitato.

 

Queste forze sono partiti del leader?

Spesso sono forze che crescono grazie all’ascesa di un leader carismatico che è un outsider come Milei o si presenta come tale, come Bolsonaro. Questi leader hanno una proposta politica che parla a diversi segmenti dell’elettorato e creano un’organizzazione che controllano. Ma non si tratta solo di personalismi, in Brasile Bolsonaro è stato bandito ma il bolsonarismo è vivo e vegeto. Lo stesso vale per Trump e per il partito repubblicano che ha costruito. Questi partiti hanno tessuto alleanze sociali, che possono essere controllate da un singolo leader, organizzate da un partito o da alleanze, come in Argentina. Esistono differenze anche in termini di comportamento: il leader dell’estrema destra cilena non è Milei, è calmo e ben educato. Quindi non dobbiamo confondere questo populismo di estrema destra con la follia perché alcuni dei suoi leader sono “sopra le righe”.